Al direttivo AIS e al Collegio dei saggi
A distanza di pochi mesi la
sociologia italiana si è trovata a doversi confrontare con due processi di
valutazione che sono sfuggiti alle consuete pratiche correntizie: la
Valutazione sulla qualità della ricerca e l’Abilitazione scientifica nazionale.
Come nessuna altra associazione scientifica ha fatto, il direttivo dell’AIS ha
contestato criteri e procedure sia della VQR sia della ASN, ha apertamente
preso posizione contro i risultati e messo in discussione l’operato dei
valutatori e dei commissari, spingendosi fino a proporre di eleggere chi è
chiamato a valutare, con l’inevitabile effetto di far valere la forza dei
numeri sull’autorevolezza scientifica. A dire il vero era già accaduto che gli
indirizzi suggeriti dagli esiti del CIVR per la produzione sociologica
2000-2003 venissero ignorati dall’AIS (con grave danno per gli studiosi più
giovani). Ma questa volta il rifiuto di confrontarsi con valutazioni adottate
secondo standard propri di tutte le comunità scientifiche e giudizi espressi da
commissari qualificati e non eletti da cordate è stato esplicito e durissimo.
Nel dibattito sulla ASN che si è
aperto sul sito AIS sono state enfatizzate le posizioni più critiche verso
l’operato delle commissioni, mentre sono state rapidamente oscurate quelle più
pacate che tentavano di mettere in luce i seri problemi che affliggono la
sociologia italiana in un contesto di crescente internazionalizzazione della
ricerca scientifica in tutti i campi.
Si è così arrivati alla pubblicazione
sul sito dell’AIS di un documento in cui una quarantina di colleghi (quasi
tutti non idoneati) attacca pesantemente e personalmente un commissario con
motivazioni discutibili e invita a un ricorso collettivo contro i risultati di
una commissione dell’area sociologica. Solo tardivamente il direttivo ha preso
cautamente le distanze da forme di critica che assomigliano a veri e propri
linciaggi. Questi comportamenti squalificano e delegittimano i sociologi agli
occhi della comunità scientifica molto più dell’esito delle valutazioni.
Noi
firmatari di questa lettera siamo sociologi ormai in pensione, che hanno
partecipato alla fondazione dell’AIS molti anni fa. Non siamo quindi spinti a
scrivere da un qualche interesse a intervenire nelle carriere dei colleghi più
giovani, che non dipendono dai nostri giudizi, ma dalla speranza di lasciar
loro una “eredità” costituita dai contributi positivi che la sociologia
italiana ha dato alla comunità scientifica internazionale e non da modalità di
intervento pubblico che ne danneggiano gravemente l’immagine.
Chiediamo quindi che il direttivo
dell’AIS si impegni a non dare mai più spazio a documenti volti a diffamare dei
colleghi, e ad aprire invece una seria e documentata discussione sullo stato
della sociologia italiana, che prescinda dal risentimento dei non idoneati e
delle sedi che hanno ricevuto una più bassa valutazione e vada oltre la nefasta
divisione in cordate. Se non vi fosse questo impegno, riteniamo che per
rappresentare la sociologia italiana si renderebbero necessarie altre forme
associative, legittimate da una maggiore autorevolezza scientifica e
correttezza nei rapporti professionali.
Arnaldo Bagnasco, Laura Balbo, Marzio
Barbagli, Raimondo Catanzaro, Francesco Paolo Cerase, Piergiorgio Corbetta, Roberto
Moscati, Massimo Paci, Angelo Pichierri, Marino Regini, Emilio Reyneri, Chiara
Saraceno
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