domenica 19 gennaio 2014

DUE VARIABILI NON BASTANO. Un commento sulle differenze territoriali nell’abilitazione alla prima fascia


I colleghi Freschi, Sciarrone e Mete hanno pubblicato su ROARS un interessante post dal titolo “14/C1. Colpito e affondato!” nel quale presentano i risultati di un’analisi quantitativa condotta sui risultati dell’ASN nel settore 14/C1. E’ un peccato che il loro post non sia apparso (anche) su questo blog, ma è facile accedervi, per chi lo desidera.
Tra i risultati messi in luce dalla loro analisi vi è la forte differenziazione territoriale degli abilitati, in gran parte concentrati negli atenei del nord. Questo è anche un punto sottolineato dalla lettera di Bianco e colleghi che, senza mezzi termini, hanno definito tale risultato come “un tentativo (consapevole o meno) di imporre a tutta la sociologia italiana un modello di prevalente ispirazione “scientista” e (acriticamente) “anglosassone”, che nel nostro paese è fortemente concentrato negli atenei del Nord”. Freschi e colleghi, più sobriamente, si limitano a fornire i dati in maniera più disaggregata e li riassumono dicendo semplicemente che “è dunque evidente un notevole squilibrio territoriale”.
Se tale conclusione è sotto gli occhi, tuttavia non è così immediato inferirne le cause. Incrociare area geografica e percentuale di abilitati per area non è di per sé sufficiente per avvalorare il sospetto di una discriminazione a sfavore degli atenei meridionali. Vi sono infatti due problemi che possono influire sulla relazione in esame: eterogeneità non osservata e distorsione da selezione del campione (nel famigerato linguaggio scientista anglosassone detti “unobserved  heterogeneity” e “sample selection bias”). Al primo hanno già accennato Barbera e Santoro nella loro replica alla lettera di Bianco e colleghi, ricordando i risultati della VQR fortemente differenziati per area geografica. Del secondo problema provo a occuparmi in questo post, con il solo scopo di offrire ulteriori argomenti alla discussione.

I due problemi individuati possono agire separatamente sommandosi oppure annullandosi, almeno in parte, a vicenda. Un esempio della seconda circostanza è quello in cui, per stare in tema, i candidati meno bravi, magari concentrati in una particolare area geografica (eterogeneità non osservata), decidono di non candidarsi all’ASN (auto-selezione). Sarebbe interessante provare a stimare quanto delle differenze territoriali finali sia dipeso dall’uno o l’altro, ma è un compito che va oltre i limiti di questo post. Inoltre l’esercizio di analisi che ho condotto riguarda solo la prima fascia per i motivi che saranno chiari fra poco.
In sintesi, il problema può essere affrontato in questo modo: quanti, dei potenziali candidati all’abilitazione, hanno deciso effettivamente di farlo sottoponendo la domanda? Da ciascun ateneo e da ciascuna area geografica sono provenute un certo numero di candidature che non esauriscono il bacino potenziale di candidati. Proprio qui si annida il problema dell’auto-selezione che può viziare la semplice lettura dei risultati dell’ASN per area geografica.
Operativamente, il punto più complicato è identificare il bacino potenziale di candidati, in particolare per la seconda fascia. Infatti, mentre per la prima fascia è naturale ipotizzare che i candidati potenziali, con qualche eccezione, siano gli associati in servizio al momento del bando, per la seconda fascia la platea si allarga e i confini diventano poco chiari (solo i RTI? RTI+RTD? Ricercatori e assegnisti? Ricercatori, assegnisti e docenti a contratto? Altri non strutturati e non assegnisti?). Le cose si complicano ulteriormente rispetto ai settori concorsuali di appartenenza. La procedura di abilitazione dava la possibilità di iscriversi in qualunque settore e per più settori. Se è ovvio che i primi candidati potenziali siano quelli già incardinati o operanti nel SC 14/C1, nulla impedisce, data la permeabilità dei confini tra SC, che un ricercatore di C2 si candidi in C1. Per la seconda fascia questo è un problema maggiore che per la prima fascia, in quanto all’inizio della carriera è normale che si possa cambiare settore. A questo si aggiunga che, dai dati presentati da Freschi e colleghi nel post su Roars (tab. 16), risulta che di 177 su 424 candidati all’associatura (il 42%)  non è possibile identificare un SC o un SSD di appartenenza. Invece, tra i candidati alla prima fascia, appena 20 su 148 non hanno un settore definibile (14%). Dei 128 “noti” restanti, 101 sono già di C1, 15 sono di C2 e 11 di D1 (1 è di altro settore non sociologico). Per questa ragione ho condotto l’esercizio che segue soltanto sulla prima fascia.
Dall’archivio CINECA ho ottenuto il numero degli associati in settori sociologici in servizio al 31/12/2012 (data più prossima a quella di chiusura del bando) in ciascun ateneo, divisi per SC. Con questi dati ho calcolato dei bacini di candidati potenziali, di ampiezza crescente, considerando inizialmente solo gli associati in C1, poi gli associati in C1+C2 e infine tutti gli associati (C1+C2+D1). La limitazione agli associati è giustificabile con il fatto che, tra i candidati effettivi, solo 20 su 128 sono ricercatori (nulla vieta comunque di replicare l’esercizio includendo tra i candidati potenziali anche i ricercatori).
A questo punto ho potuto calcolare dei “tassi di candidatura” per ciascun ateneo e per ciascuna area geografica. I tassi cambiano non poco in ragione del bacino potenziale considerato.

Tabella 1 Prima fascia. Candidati e tassi di candidatura da vari bacini potenziali (associati in servizio al 31/12/2012 nei vari SC)


bacino C1
bacino C1+C2
bacino C1+C2+D1
candidati effettivi
tasso di candidatura  su bacino C1
tasso di candidatura  su bacino C1+C2
tasso di candidatura  su bacino C1+C2+D1
nordovest
32
56
77
31
96,9%
55,4%
40,3%
nordest
23
41
54
32
139,1%
78,0%
59,3%
centro
39
58
75
26
66,7%
44,8%
34,7%
sud e isole
49
64
80
39
79,6%
60,9%
48,8%
totale
143
219
286
128
89,5%
58,4%
44,8%

Considerando il bacino più ristretto notiamo che negli atenei del nordovest, complessivamente, la quasi totalità dei potenziali candidati si è effettivamente candidata. Nel nordest addirittura il bacino è stato superato poiché diversi altri associati (non di C1) si sono candidati. Dagli atenei del centro invece si sono candidati solo 2/3 degli associati in C1 mentre dal sud e isole quasi l’80%. Se allarghiamo via via il bacino dei potenziali candidati, notiamo che il nordest è sempre l’area con il più alto tasso di candidature (o la minore auto-selezione) e il centro sempre quella con il più basso tasso di candidature. La posizione relativa del nordovest e del meridione cambia a seconda del bacino considerato.
Questo semplice esercizio dimostra che il problema dell’auto-selezione c’è e non è distribuito uniformemente sul territorio. Più complicato è mostrare come sarebbero potuti cambiare i risultati dell’ASN se questo problema non ci fosse stato. Come tutte le argomentazioni controfattuali su dati di questo tipo, qualunque conclusione definitiva è azzardata e si basa inevitabilmente su assunti non dimostrabili.
Un assunto cruciale riguarda la qualità media dei non candidati e dei candidati effettivi. Possiamo presumere che sia la stessa, oppure che la qualità dei primi sia inferiore a quella dei secondi. Più difficilmente possiamo pensare che i non candidati fossero migliori dei candidati effettivi: per quale motivo allora non si sono candidati?
Se ipotizziamo che la qualità dei non candidati fosse la stessa dei candidati, con gli stessi tassi di successo effettivamente osservati per area geografica (anche questo è un assunto, ma è plausibile se la qualità è la stessa e i criteri dei commissari non cambiano a seconda del numero di candidati), gli atenei del centro avrebbero avuto più abilitati in assoluto e in percentuale (poiché quelli del nord avrebbero già “saturato” gli abilitati, essendosi candidati tutti i potenziali candidati di C1 o la maggioranza di C1+C2). Ma quanti in più? Non molti: 2 o 4 complessivamente a seconda che utilizziamo il bacino C1 o il bacino C1+C2. Per gli atenei del meridione invece sarebbe cambiato ben poco, dato il basso tasso di successo. Se invece ipotizziamo che la qualità dei non candidati fosse inferiore a quella dei candidati, i tassi di successo degli atenei del centro e del sud sarebbero stati ancora più bassi. Soltanto ipotizzando che i non candidati di centro e meridione fossero sistematicamente più bravi dei candidati effettivi si sarebbero potute risollevare le sorti dell’ASN in queste regioni. Ma a questo punto – come già detto – si dovrebbe spiegare perché questi potenziali candidati si siano persuasi di non partecipare.
Riassumendo. La lettura dei risultati dall’ASN per area geografica si presta a interpretazioni differenti, ma nell’avanzarle bisogna tenere conto che non è sufficiente incrociare due variabili. La distribuzione dei candidati effettivi non è stata indipendente dall’area geografica, dunque vi è stato un processo di auto-selezione. La distribuzione della qualità della ricerca in Italia, secondo l’ultima VQR, è anch’essa differenziata per area geografica. Dunque c’è anche un problema di eterogeneità non osservata (en passant: la VQR si basa per costruzione su un’auto-selezione dei prodotti da parte delle strutture valutate. Come sarebbe risultata la qualità media per area geografica se i prodotti valutati fossero stati selezionati casualmente?). Di conseguenza, finché non si affrontano e pongono sotto controllo questi due problemi, il semplice incrocio tra area geografica e percentuale di abilitati non autorizza a inferire che la commissione abbia operato con criteri discriminatori. È comprensibile che nasca il sospetto nell’animo di qualcuno, soprattutto se “vittima”, ma l’onere della prova ricade su di lui/lei (oltre che sulla comunità scientifica che ha a cuore la propria reputazione).
La commissione è stata troppo “severa”? Non sono in grado di dirlo, visto che non ho letto i cv dei candidati (e ammesso e non concesso che abbia titolo a giudicarli). Quello che posso dire è che la bassa percentuale di abilitati di per sé non si può interpretare come indicatore di severità, tanto più che sarebbe stata forse anche più bassa senza quel poco di auto-selezione che si è effettivamente registrato. Il giudizio sulla severità generale della commissione andrebbe desunto da altri indicatori e non andrebbe scambiato o sovrapposto con valutazioni di altra natura.

Renzo Carriero (Università di Torino)

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