I colleghi Freschi, Sciarrone e
Mete hanno pubblicato su ROARS un interessante post dal titolo “14/C1. Colpito e affondato!” nel quale
presentano i risultati di un’analisi quantitativa condotta sui risultati
dell’ASN nel settore 14/C1. E’ un peccato che il loro post non sia apparso
(anche) su questo blog, ma è facile accedervi, per chi lo desidera.
Tra i risultati messi in luce
dalla loro analisi vi è la forte differenziazione territoriale degli abilitati,
in gran parte concentrati negli atenei del nord. Questo è anche un punto
sottolineato dalla lettera di Bianco e colleghi che, senza mezzi termini, hanno
definito tale risultato come “un tentativo (consapevole o meno) di imporre
a tutta la sociologia italiana un modello di prevalente ispirazione
“scientista” e (acriticamente) “anglosassone”, che nel nostro paese è
fortemente concentrato negli atenei del Nord”. Freschi e colleghi, più
sobriamente, si limitano a fornire i dati in maniera più disaggregata e li
riassumono dicendo semplicemente che “è dunque evidente un notevole squilibrio
territoriale”.
Se tale conclusione è sotto gli
occhi, tuttavia non è così immediato inferirne le cause. Incrociare area
geografica e percentuale di abilitati per area non è di per sé sufficiente per
avvalorare il sospetto di una discriminazione a sfavore degli atenei
meridionali. Vi sono infatti due problemi che possono influire sulla relazione
in esame: eterogeneità non osservata e distorsione da selezione del campione (nel
famigerato linguaggio scientista anglosassone detti “unobserved heterogeneity” e “sample selection
bias”). Al primo hanno già accennato Barbera e Santoro nella loro replica alla
lettera di Bianco e colleghi, ricordando i risultati della VQR fortemente
differenziati per area geografica. Del secondo problema provo a occuparmi in
questo post, con il solo scopo di offrire ulteriori argomenti alla discussione.
I due problemi individuati
possono agire separatamente sommandosi oppure annullandosi, almeno in parte, a
vicenda. Un esempio della seconda circostanza è quello in cui, per stare in
tema, i candidati meno bravi, magari concentrati in una particolare area
geografica (eterogeneità non osservata), decidono di non candidarsi all’ASN
(auto-selezione). Sarebbe interessante provare a stimare quanto delle
differenze territoriali finali sia dipeso dall’uno o l’altro, ma è un compito
che va oltre i limiti di questo post. Inoltre l’esercizio di analisi che ho
condotto riguarda solo la prima fascia per i motivi che saranno chiari fra
poco.
In sintesi, il problema può
essere affrontato in questo modo: quanti, dei potenziali candidati
all’abilitazione, hanno deciso effettivamente di farlo sottoponendo la domanda?
Da ciascun ateneo e da ciascuna area geografica sono provenute un certo numero
di candidature che non esauriscono il bacino potenziale di candidati. Proprio
qui si annida il problema dell’auto-selezione che può viziare la semplice
lettura dei risultati dell’ASN per area geografica.
Operativamente, il punto più
complicato è identificare il bacino potenziale di candidati, in particolare per
la seconda fascia. Infatti, mentre per la prima fascia è naturale ipotizzare
che i candidati potenziali, con qualche eccezione, siano gli associati in
servizio al momento del bando, per la seconda fascia la platea si allarga e i
confini diventano poco chiari (solo i RTI? RTI+RTD? Ricercatori e assegnisti?
Ricercatori, assegnisti e docenti a contratto? Altri non strutturati e non
assegnisti?). Le cose si complicano ulteriormente rispetto ai settori
concorsuali di appartenenza. La procedura di abilitazione dava la possibilità
di iscriversi in qualunque settore e per più settori. Se è ovvio che i primi
candidati potenziali siano quelli già incardinati o operanti nel SC 14/C1,
nulla impedisce, data la permeabilità dei confini tra SC, che un ricercatore di
C2 si candidi in C1. Per la seconda fascia questo è un problema maggiore che
per la prima fascia, in quanto all’inizio della carriera è normale che si possa
cambiare settore. A questo si aggiunga che, dai dati presentati da Freschi e
colleghi nel post su Roars (tab. 16), risulta che di 177 su 424 candidati all’associatura
(il 42%) non è possibile
identificare un SC o un SSD di appartenenza. Invece, tra i candidati alla prima
fascia, appena 20 su 148 non hanno un settore definibile (14%). Dei 128 “noti”
restanti, 101 sono già di C1, 15 sono di C2 e 11 di D1 (1 è di altro settore
non sociologico). Per questa ragione ho condotto l’esercizio che segue soltanto
sulla prima fascia.
Dall’archivio CINECA ho ottenuto
il numero degli associati in settori sociologici in servizio al 31/12/2012
(data più prossima a quella di chiusura del bando) in ciascun ateneo, divisi
per SC. Con questi dati ho calcolato dei bacini di candidati potenziali, di
ampiezza crescente, considerando inizialmente solo gli associati in C1, poi gli
associati in C1+C2 e infine tutti gli associati (C1+C2+D1). La limitazione agli
associati è giustificabile con il fatto che, tra i candidati effettivi, solo 20
su 128 sono ricercatori (nulla vieta comunque di replicare l’esercizio
includendo tra i candidati potenziali anche i ricercatori).
A questo punto ho potuto
calcolare dei “tassi di candidatura” per ciascun ateneo e per ciascuna area
geografica. I tassi cambiano non poco in ragione del bacino potenziale
considerato.
Tabella 1 Prima fascia. Candidati e tassi di candidatura
da vari bacini potenziali (associati in servizio al 31/12/2012 nei vari SC)
bacino C1
|
bacino C1+C2
|
bacino C1+C2+D1
|
candidati effettivi
|
tasso di candidatura su bacino C1
|
tasso di candidatura su bacino C1+C2
|
tasso di candidatura su bacino C1+C2+D1
|
|
nordovest
|
32
|
56
|
77
|
31
|
96,9%
|
55,4%
|
40,3%
|
nordest
|
23
|
41
|
54
|
32
|
139,1%
|
78,0%
|
59,3%
|
centro
|
39
|
58
|
75
|
26
|
66,7%
|
44,8%
|
34,7%
|
sud e isole
|
49
|
64
|
80
|
39
|
79,6%
|
60,9%
|
48,8%
|
totale
|
143
|
219
|
286
|
128
|
89,5%
|
58,4%
|
44,8%
|
Considerando il bacino più
ristretto notiamo che negli atenei del nordovest, complessivamente, la quasi
totalità dei potenziali candidati si è effettivamente candidata. Nel nordest
addirittura il bacino è stato superato poiché diversi altri associati (non di C1)
si sono candidati. Dagli atenei del centro invece si sono candidati solo 2/3
degli associati in C1 mentre dal sud e isole quasi l’80%. Se allarghiamo via
via il bacino dei potenziali candidati, notiamo che il nordest è sempre l’area
con il più alto tasso di candidature (o la minore auto-selezione) e il centro
sempre quella con il più basso tasso di candidature. La posizione relativa del
nordovest e del meridione cambia a seconda del bacino considerato.
Questo semplice esercizio
dimostra che il problema dell’auto-selezione c’è e non è distribuito
uniformemente sul territorio. Più complicato è mostrare come sarebbero potuti
cambiare i risultati dell’ASN se questo problema non ci fosse stato. Come tutte
le argomentazioni controfattuali su dati di questo tipo, qualunque conclusione
definitiva è azzardata e si basa inevitabilmente su assunti non dimostrabili.
Un assunto cruciale riguarda la
qualità media dei non candidati e dei candidati effettivi. Possiamo presumere
che sia la stessa, oppure che la qualità dei primi sia inferiore a quella dei
secondi. Più difficilmente possiamo pensare che i non candidati fossero migliori
dei candidati effettivi: per quale motivo allora non si sono candidati?
Se ipotizziamo che la qualità dei
non candidati fosse la stessa dei candidati, con gli stessi tassi di successo
effettivamente osservati per area geografica (anche questo è un assunto, ma è
plausibile se la qualità è la stessa e i criteri dei commissari non cambiano a
seconda del numero di candidati), gli atenei del centro avrebbero avuto più
abilitati in assoluto e in percentuale (poiché quelli del nord avrebbero già
“saturato” gli abilitati, essendosi candidati tutti i potenziali candidati di
C1 o la maggioranza di C1+C2). Ma quanti in più? Non molti: 2 o 4 complessivamente
a seconda che utilizziamo il bacino C1 o il bacino C1+C2. Per gli atenei del
meridione invece sarebbe cambiato ben poco, dato il basso tasso di successo. Se
invece ipotizziamo che la qualità dei non candidati fosse inferiore a quella
dei candidati, i tassi di successo degli atenei del centro e del sud sarebbero
stati ancora più bassi. Soltanto ipotizzando che i non candidati di centro e
meridione fossero sistematicamente più bravi dei candidati effettivi si
sarebbero potute risollevare le sorti dell’ASN in queste regioni. Ma a questo
punto – come già detto – si dovrebbe spiegare perché questi potenziali
candidati si siano persuasi di non partecipare.
Riassumendo. La lettura dei
risultati dall’ASN per area geografica si presta a interpretazioni differenti,
ma nell’avanzarle bisogna tenere conto che non è sufficiente incrociare due
variabili. La distribuzione dei candidati effettivi
non è stata indipendente dall’area geografica, dunque vi è stato un processo di
auto-selezione. La distribuzione della qualità della ricerca in Italia, secondo
l’ultima VQR, è anch’essa differenziata per area geografica. Dunque c’è anche
un problema di eterogeneità non osservata (en
passant: la VQR si basa per costruzione su un’auto-selezione dei prodotti
da parte delle strutture valutate. Come sarebbe risultata la qualità media per
area geografica se i prodotti valutati fossero stati selezionati casualmente?).
Di conseguenza, finché non si affrontano e pongono sotto controllo questi due
problemi, il semplice incrocio tra area geografica e percentuale di abilitati
non autorizza a inferire che la commissione abbia operato con criteri
discriminatori. È comprensibile che nasca il sospetto nell’animo di qualcuno,
soprattutto se “vittima”, ma l’onere della prova ricade su di lui/lei (oltre
che sulla comunità scientifica che ha a cuore la propria reputazione).
La commissione è stata troppo “severa”?
Non sono in grado di dirlo, visto che non ho letto i cv dei candidati (e
ammesso e non concesso che abbia titolo a giudicarli). Quello che posso dire è
che la bassa percentuale di abilitati di
per sé non si può interpretare come indicatore di severità, tanto più che
sarebbe stata forse anche più bassa senza quel poco di auto-selezione che si è
effettivamente registrato. Il giudizio sulla severità generale della
commissione andrebbe desunto da altri indicatori e non andrebbe scambiato o
sovrapposto con valutazioni di altra natura.
Renzo Carriero (Università di
Torino)
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