martedì 1 luglio 2014

Ancora sull'ASN

Segnaliamo, su richiesta di Umberto Melotti, la pubblicazione sul Forum AIS della lettera di un gruppo di non abilitati alla recente ASN che critica le procedure seguite dalle tre commissioni per la sociologia. Il link alla lettera è:


http://www.ais-sociologia.it/forum/tutto-quello-che-avreste-voluto-sapere-sullasn-ma-non-avete-mai-osato-chiedere-3769


mercoledì 19 febbraio 2014

Lettera di 11 sociologi in pensione

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Sul forum dell'AIS, dove la stessa lettera è stata pubblicata il 17 febbraio scorso, possono leggersi la replica della Presidente e del Vice Presidente dell'Associazione, nonché alcuni primi commenti.



Al direttivo AIS e al Collegio dei saggi

A distanza di pochi mesi la sociologia italiana si è trovata a doversi confrontare con due processi di valutazione che sono sfuggiti alle consuete pratiche correntizie: la Valutazione sulla qualità della ricerca e l’Abilitazione scientifica nazionale. Come nessuna altra associazione scientifica ha fatto, il direttivo dell’AIS ha contestato criteri e procedure sia della VQR sia della ASN, ha apertamente preso posizione contro i risultati e messo in discussione l’operato dei valutatori e dei commissari, spingendosi fino a proporre di eleggere chi è chiamato a valutare, con l’inevitabile effetto di far valere la forza dei numeri sull’autorevolezza scientifica. A dire il vero era già accaduto che gli indirizzi suggeriti dagli esiti del CIVR per la produzione sociologica 2000-2003 venissero ignorati dall’AIS (con grave danno per gli studiosi più giovani). Ma questa volta il rifiuto di confrontarsi con valutazioni adottate secondo standard propri di tutte le comunità scientifiche e giudizi espressi da commissari qualificati e non eletti da cordate è stato esplicito e durissimo.
Nel dibattito sulla ASN che si è aperto sul sito AIS sono state enfatizzate le posizioni più critiche verso l’operato delle commissioni, mentre sono state rapidamente oscurate quelle più pacate che tentavano di mettere in luce i seri problemi che affliggono la sociologia italiana in un contesto di crescente internazionalizzazione della ricerca scientifica in tutti i campi.
Si è così arrivati alla pubblicazione sul sito dell’AIS di un documento in cui una quarantina di colleghi (quasi tutti non idoneati) attacca pesantemente e personalmente un commissario con motivazioni discutibili e invita a un ricorso collettivo contro i risultati di una commissione dell’area sociologica. Solo tardivamente il direttivo ha preso cautamente le distanze da forme di critica che assomigliano a veri e propri linciaggi. Questi comportamenti squalificano e delegittimano i sociologi agli occhi della comunità scientifica molto più dell’esito delle valutazioni.
Noi firmatari di questa lettera siamo sociologi ormai in pensione, che hanno partecipato alla fondazione dell’AIS molti anni fa. Non siamo quindi spinti a scrivere da un qualche interesse a intervenire nelle carriere dei colleghi più giovani, che non dipendono dai nostri giudizi, ma dalla speranza di lasciar loro una “eredità” costituita dai contributi positivi che la sociologia italiana ha dato alla comunità scientifica internazionale e non da modalità di intervento pubblico che ne danneggiano gravemente l’immagine.
Chiediamo quindi che il direttivo dell’AIS si impegni a non dare mai più spazio a documenti volti a diffamare dei colleghi, e ad aprire invece una seria e documentata discussione sullo stato della sociologia italiana, che prescinda dal risentimento dei non idoneati e delle sedi che hanno ricevuto una più bassa valutazione e vada oltre la nefasta divisione in cordate. Se non vi fosse questo impegno, riteniamo che per rappresentare la sociologia italiana si renderebbero necessarie altre forme associative, legittimate da una maggiore autorevolezza scientifica e correttezza nei rapporti professionali.


Arnaldo Bagnasco, Laura Balbo, Marzio Barbagli, Raimondo Catanzaro, Francesco Paolo Cerase, Piergiorgio Corbetta, Roberto Moscati, Massimo Paci, Angelo Pichierri, Marino Regini, Emilio Reyneri, Chiara Saraceno

martedì 18 febbraio 2014

Lettera di Marradi a Barbieri

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


Caro prof. Barbieri:

non ho il piacere di conoscerla, e — per il fatto che al momento risiedo e insegno a Buenos Aires — ho ricevuto ora da un allievo la sua lettera aperta di qualche giorno fa. Visto che la sua lettera commenta il documento che da qui ho co-firmato ormai parecchio tempo fa, vorrei svolgere alcune considerazioni a proposito. Non mi soffermo molto, invece,  sulla sua precedente lettera aperta del 31 gennaio in cui commenta un documento che lei chiama Maturo et al., usando espressioni pesantissime (come ‘macchina del fango’)  che per ora si erano sentite solo nella tv spazzatura tanto cara ai nostri uomini politici. Non mi ci soffermo perché non conosco (per i motivi che le dirò presto) il documento che lei attacca, e quindi non posso valutare se merita le espressioni che gli ha dedicato. Peraltro, osservo sommessamente che, se il documento Maturo et al. si limita ad osservare  — senza aggettivi — che è strano che un commissario giudichi come sociologo degno di considerazione un collega che viene dalla biologia, e sostanzialmente vi resta, mentre non dà lo stesso giudizio su decine di sociologi, non tutti giovani, che da anni o decenni insegnano la materia in posizioni di responsabilità nelle loro sedi,  allora non mi pare che gli estensori meritino questo insulto.

lunedì 10 febbraio 2014

PER UNA SERIA RIFLESSIONE SULLO STATO DELLA SOCIOLOGIA ITALIANA / 2


Mi spiace dover rispondere alle infondate critiche di Bianco, Giovannini, Marradi, Rositi, Sciolla e Sgritta, per alcuni dei quali ho grande stima. Ma il loro commento al mio intervento richiede delle doverose precisazioni.
Io mi ero limitato a sottolineare il forte isomorfismo tra i risultati della recente ASN e quelli dei due esercizi di valutazione delle ricerca, il CIVR per gli anni 2000-2003 e la VQR per gli anni 2004-2010. Ragionando sempre sui grandi numeri (l’unico modo di non cadere nella polemica “pro domo mea”), da tutti e tre le procedure risultano significative differenze tra le aree disciplinari e le sedi universitarie in cui lavorano i sociologi italiani. Nei libri gialli si suole dire che tre indizi fanno una prova. Se così fosse, sarebbe lecito sostenere che nell’ultimo decennio la qualità della ricerca è mediamente migliore nella sociologia economica che nella sociologia generale[1] e nei dipartimenti dell’Italia settentrionale piuttosto che in quelli dell’Italia centro-meridionale. Naturalmente, sempre nel quadro di un risultato complessivo “non molto brillante” (come recita un po’ eufemisticamente il rapporto del GEV14 della VQR) a causa della perdurante situazione di “arretratezza e provincialismo delle scienze sociali e politiche italiane”, quale è testimoniato da “scarso numero di pubblicazioni in inglese e scarsa presenza di articoli e in particolare di articoli pubblicati in riviste internazionali” (come recitava il rapporto del panel 14 del CIVR).

martedì 4 febbraio 2014

PROBLEMI DI METODO, NEOLIBERISMO E SCIENTISMO: (ancora) UN COMMENTO a Bianco e coautori e a Maturo e cofirmatari


Cari colleghi,

Mi scuso per il tono telegrafico e quindi necessariamente pedante. Tutta questa polemica parte dalla pretesa (legittima in sé) di alcuni/e colleghi/e di discutere di come un insieme di "punteggi" (dicotomizzati 0/1) si distribuiscano. Si vuol criticare tale distribuzione e si accusa qualcuno di aver scientemente (scientisti infami, vil razza dannata) distorto tale distribuzione per arrivare ad un determinato esito (del tipo: più nord meno sud, più bianchi e meno neri, più belli meno brutti, più saccenti-allineati e meno intelletti non-svenduti, più comparse 'asservite' e meno étoiles...). In sostanza si vuole sindacare su un fenomeno che, per poter essere commentato/giudicato/compreso, va analizzato secondo le regole e gli standard ('parola che dice tutto', infatti) delle scienze sociali quantitative. No way out!
Quindi è il caso di puntualizzare un paio di cose.

 1) E' NON SOLO INUTILE MA ERRATO COMPARARE MEDIE AGGREGATE, QUANDO SI PRETENDE DI DIRE QUALCOSA SULLE DETERMINANTI DELLA DISTRIBUZIONE DI UN QUALSIASI FENOMENO. Ci sono rischi di selection bias, di eterogeneità non osservata, di fattori determinanti che non possono essere bypassati allegramente. Ciò è invece proprio quello che fanno i firmatari del documento “Dove va la sociologia?”. E sbagliano. Spiace che colleghi tanto navigati cadano in errori da studenti.

domenica 2 febbraio 2014

DOVE VA LA SOCIOLOGIA 2. Riflessioni e commenti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il secondo documento firmato da Bianco, Giovannini, Marradi, Rositi e Sciolla.  Il documento, già pubblicato in altre sedi, riprende e commenta il post di Barbera e Santoro ("Avanti con giudizio. Riflessioni agrodolci su riflessioni amare") e l'analisi di Reyneri a partire dai dati della VQR ("Per una seria riflessione sullo stato della sociologia"), entrambi pubblicati nei giorni scorsi su questo blog. Ci auguriamo che il dibattito prosegua, anche alla luce dei risultati dei lavori della terza e ultima commissione di sociologia (14/C2), adesso disponibili. Il documento viene pubblicato nella versione inviataci e pervenutaci. Corre l'obbligo di precisare, tuttavia, che la nota 1, che critica un post pubblicato da Luigi Pellizzoni in questo blog ("Il vezzo nazionale") ha dato luogo a una polemica (l'autore ha replicato che le cose stanno in modo completamente diverso), di cui i lettori interessati trovano documentazione sul Forum AIS e nel blog ROARS.

1. Benché tirati da tutte le parti, con grazia o con malanimo, vorremmo cercare di mantenerci sul terreno che avevamo scelto fin dall’inizio, quello di una seria e pacata discussione su cosa attenda la sociologia italiana e sulle trasformazioni che non da oggi la stanno investendo. Naturalmente non abbiamo evitato, e non lo faremo nemmeno in questo secondo documento, di confrontarci con quell’evento che è l’Abilitazione Scientifica Nazionale, vuoi per la nettezza con la quale si presenta, vuoi per la forte accelerazione che potrebbe imprimere ai processi in corso, vuoi infine per limitarne e contrastarne, se possibile, gli effetti a nostro parere più dannosi e ingiusti – per i singoli e per la comunità sociologica.
Dove va la sociologia è uscito il 3 gennaio 2014 a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione dei risultati dell’ ASN. È stato il primo documento a prendere posizione su questa infelice vicenda. Da allora, gli interventi sono stati numerosissimi e hanno coperto tutto il continuum espressivo tollerato da chi li ospitava: da rapidi commenti di poche righe a scritti a forte valenza interpretativa (vedi Borrelli, Campelli e altri) fino a contributi disciplinarmente strutturati e ben documentati (Chiesi; Freschi, Mete e Sciarrone; Di Franco; Anzera e Pintaldi; ecc…).

venerdì 31 gennaio 2014

VANDEA ACCADEMICA O MACCHINA DEL FANGO?


Sul sito AIS è stata pubblicata in data 30 gennaio 2014 una lettera collettiva dal titolo "Per la sociologia o per la biologia?" (http://www.ais-sociologia.it/forum/per-la-sociologia-o-per-biologia-3512) in cui viene personalmente e apertamente accusato UN commissario di area 14/C1 (ex sps07-11-12) per un giudizio espresso su UN candidato, i cui lavori scientifici appaiono a cavallo fra genetica, biologia e sociologia. Mentre non ritengo di potermi esprimere sul caso specifico - vuoi perché non mi sento competente in materia, vuoi perché penso che la commissione abbia già espresso il solo giudizio rilevante su questa come su tutte le altre idoneita' concesse o negate, credo di dovermi esprimere sulla macchina del fango messa in atto contro un commissario che si è prestato ad un ingrato lavoro, nonché collega che stimo. Ho scelto di non intervenire sul sito AIS perché trovo vergognoso che AIS si sia prestata a questa volgare operazione.

giovedì 30 gennaio 2014

SMOBILITARE IL RISENTIMENTO


In queste settimane abbiamo seguito con interesse, ma anche con crescente stupore, il dibattito che si è sviluppato all’interno della sociologia sui risultati dell’Abilitazione Scientifica Nazione. Ci ha stupito, in primo luogo, la percentuale di abilitati nei settori 14/C1 e 14/D1; in secondo luogo, il clima che si è venuto a creare nella nostra comunità accademica, che sembra sull’“orlo di una crisi di nervi”. Questo post non intende proporre un’ulteriore analisi dei risultati della ASN. Il fine è piuttosto quello di contribuire a spostare il fuoco del dibattito verso una riflessione più pacata e propositiva, come anche altri – per fortuna - hanno iniziato a fare (sia su questo sito sia su quello dell’Ais).
Sappiamo di trovarci in una posizione particolare, non essendo in commissione né tra i candidati all’abilitazione dei settori in discussione. Questo, naturalmente, non ci conferisce alcun punto di osservazione privilegiato, ma solamente un pizzico di distacco emotivo in più, che ci induce a puntare il dito non tanto verso il comportamento delle commissioni, quanto verso le norme che regolano l’abilitazione.
Inizieremo facendo un passo indietro – discutendo tre punti che ci hanno colpito nel dibattito sui risultati dell’ASN - per farne poi uno in avanti, in direzione della normativa.
1) Il numero di abilitati nei settori sociologici. Inutile girarci intorno, in entrambi i settori sociologici di cui sono stati pubblicati i risultati, le percentuali di abilitati risultano piuttosto contenute. In uno dei due (il 14/C1) sono molto basse. Basse rispetto a cosa?  Alla media di tutti gli altri settori concorsuali, così come alla media delle altre aree delle scienze umane e sociali (10-14) e alla quasi totalità dei settori a noi più vicini (politici, economici ecc.). Assumendo come termine di riferimento le aree “non bibliometriche”, per la prima fascia, il differenziale negativo dei nostri due settori (valore medio) oscilla tra un minimo del 9% (area 11) e un massimo del 26% (area 10). Va anche però aggiunto, che le “commissioni severe” non sono una prerogativa esclusiva della sociologia e che in tutte le aree (bibliometriche e non) si nota una forte variabilità interna nelle percentuali di abilitati. Per la prima fascia il campo di variazione spazia dal 12% all’83%! Nei settori delle scienze umane e sociali il range si restringe di poco: dal 12% al 69%.

mercoledì 29 gennaio 2014

La sezione ELO sul dibattito AIS-ASN

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


Il Consiglio Scientifico di AIS-ELO ha sottolineato di recente la necessità di rinviare gli interventi e i giudizi sulle procedure di valutazione per l’Abilitazione Scientifica Nazionale al momento in cui queste saranno chiuse e sarannno resi noti tutti i risultati. Tuttavia, le prese di posizione che si sono succedute negli ultimi giorni ci fanno ritenere opportuno un nostro primo contributo al dibattito in corso. 
Il Consiglio Scientifico di AIS-ELO ritiene, in primo luogo, che AIS nazionale debba dare voce e pari visibilità a tutte le posizioni che animano la nostra comunità sul tema della valutazione, già a partire dal sito web dell’Associazione, dove è opportuno che venga assegnata la stessa collocazione ai vari interventi; collocarne alcuni nella sezione “Ultimi commenti” e altri nelle “News” (quindi nella homepage) dà una diversa visibilità e rilevanza alle varie posizioni, non consentendo ai soci di inquadrare al meglio il dibattito.

domenica 19 gennaio 2014

DUE VARIABILI NON BASTANO. Un commento sulle differenze territoriali nell’abilitazione alla prima fascia


I colleghi Freschi, Sciarrone e Mete hanno pubblicato su ROARS un interessante post dal titolo “14/C1. Colpito e affondato!” nel quale presentano i risultati di un’analisi quantitativa condotta sui risultati dell’ASN nel settore 14/C1. E’ un peccato che il loro post non sia apparso (anche) su questo blog, ma è facile accedervi, per chi lo desidera.
Tra i risultati messi in luce dalla loro analisi vi è la forte differenziazione territoriale degli abilitati, in gran parte concentrati negli atenei del nord. Questo è anche un punto sottolineato dalla lettera di Bianco e colleghi che, senza mezzi termini, hanno definito tale risultato come “un tentativo (consapevole o meno) di imporre a tutta la sociologia italiana un modello di prevalente ispirazione “scientista” e (acriticamente) “anglosassone”, che nel nostro paese è fortemente concentrato negli atenei del Nord”. Freschi e colleghi, più sobriamente, si limitano a fornire i dati in maniera più disaggregata e li riassumono dicendo semplicemente che “è dunque evidente un notevole squilibrio territoriale”.
Se tale conclusione è sotto gli occhi, tuttavia non è così immediato inferirne le cause. Incrociare area geografica e percentuale di abilitati per area non è di per sé sufficiente per avvalorare il sospetto di una discriminazione a sfavore degli atenei meridionali. Vi sono infatti due problemi che possono influire sulla relazione in esame: eterogeneità non osservata e distorsione da selezione del campione (nel famigerato linguaggio scientista anglosassone detti “unobserved  heterogeneity” e “sample selection bias”). Al primo hanno già accennato Barbera e Santoro nella loro replica alla lettera di Bianco e colleghi, ricordando i risultati della VQR fortemente differenziati per area geografica. Del secondo problema provo a occuparmi in questo post, con il solo scopo di offrire ulteriori argomenti alla discussione.

sabato 18 gennaio 2014

PER UNA SERIA RIFLESSIONE SULLO STATO DELLA SOCIOLOGIA ITALIANA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo documento di Emilio Reyneri, membro del GEV14, che offre preziose informazioni sullo stato della sociologia nazionale (anche nelle sue partizioni geografiche) a partire da un'analisi dei risultati della VQR. Riteniamo che queste analisi siano cruciali per una corretta lettura dei risultati (ad oggi noti) dell'ASN, su cui il dibattito resta aperto. Cogliamo l'occasione per dire che il blog è aperto e lieto di pubblicare qualunque contributo di analisi e commento che sia firmato e "civile" ovvero non diffamatorio.

***

Partita male (con un’infelice lettera del Direttivo AIS, che rischiava di interferire con i lavori delle commissioni ASN, e con la protesta di alcuni colleghi meridionali, che sembrava rivendicare un bonus ambientale), la riflessione sull’attuale stato della sociologia italiana sta continuando anche peggio con il recente intervento di Bianco e altri, che attacca pesantemente le valutazioni espresse dalla Commissione per l’abilitazione scientifica nei settori SPS/07, SPS/11 SPS/12. Quest’ultimo intervento ha ricevuto una pacata e motivata replica sul blog Per la sociologia (che mi auguro sia ripresa anche dal sito AIS e ROARS).
Il mio intervento intende contribuire alla riflessione fornendo un’analisi dettagliata e concisa dei risultati della VQR per le scienze sociali, tenendo conto dell’estrema difficoltà di districarsi tra le moltissime tabelle allegate al rapporto del GEV 14, di cui ho fatto parte (in posizione del tutto minoritaria secondo alcuni gossip pubblicati anche in Per la sociologia). 
Come premessa alla mia relazione (scritta e solo limitatamente diffusa ai primi di settembre 2013), vorrei riprendere due delle tre critiche avanzate da Bianco e altri. Infatti, quella per cui la commissione ASN di sociologia generale, politica e diritto avrebbe prediletto un approccio hard-quantitativo alla sociologia, risulta priva di fondamento solo se si guarda alle caratteristiche degli abilitati, tra cui sono largamente presenti gli approcci qualitativi, se non addirittura della sociologia critica. Invece, le altre due osservazioni (la differenza della percentuale di abilitati tra sociologia generale e sociologia economica e la scarsa presenza tra gli abilitati di sociologi che insegnano in università centro-meridionali) corrispondono al vero, ma non devono esser considerate il frutto di una perversa distorsione operata da una commissione, perché corrispondono (purtroppo!) alla realtà dei fatti. Almeno quale risulta degli esiti della VQR, alla quale hanno contribuito moltissimi sociologi italiani e parecchi stranieri, tanto da poter escludere, almeno sui grandi numeri, ogni vizio di parzialità. Insomma, anche se tutto è perfettibile, occorre ammettere che nella VQR la comunità dei sociologi italiani si è auto-valutata, così come era accaduto con il CIVR.

domenica 12 gennaio 2014

IL VEZZO NAZIONALE


Devo dire che la lettura del documento di Bianco & C. e di diversi dei commenti alle osservazioni di Chiesi e di Barbera e Santoro mi lascia abbastanza costernato. E non perché i risultati del concorso suscitano scontento, ma per il tipo di obiezioni sollevate. E’ già stato detto molto e spero di non farla troppo lunga.  Può darsi inoltre che, essendo tra gli abilitati, anch’io sconti un bias favorevole alla commissione.  Giudichi chi legge.
La commissione viene in sostanza accusata non di aver espresso singole valutazioni discutibili, cosa che, data la mole dei materiali da valutare e dei giudizi da stilare, ci può stare tranquillamente (e in questo senso chi è stato escluso ha tutto il diritto di ritenersi vittima di una ingiustizia – salvo errori di autovalutazione indotti dal regime precedente, come notano B & S). La commissione è accusata di distorsione sistematica dei valori in campo, dovuta a bias ideologici, a pregiudizi favorevoli nei confronti di candidati che lavorano in certe aree geografiche e adottano certi approcci metodologici.  Si parla di nemici, cordate, epurazioni, regolamenti di conti. Insomma della vecchia logica, sopravvissuta in forma ancora più perniciosa data la pretesa universalistica del concorso nazionale. La commissione viene anche accusata di aver redatto giudizi frettolosi e lacunosi. Il risultato sarebbe non solo e non tanto un nocumento arrecato a singole persone, ma alla disciplina nel suo complesso, che già versa in precarie condizioni di salute.
Si tratta di accuse gravi. Si tratta anche di accuse che riproducono il vezzo nazionale di ridurre tutto quanto in poltiglia – siamo tutti ladri, corrotti, raccomandati, non si salva nessuno.  Si tratta, in più, di accuse che vanno esattamente in direzione contraria a quella auspicata da Bianco & C., non facendo certo del bene all’immagine pubblica della disciplina. Forse non il presente sito, ma certo quello di Roars è molto frequentato dai non sociologi. E’ possibile che la commissione abbia applicato criteri restrittivi (comunque meno di quanto sembra, date le non poche domande ‘spurie’ presenti) anche nella speranza di far riguadagnare alla disciplina una immagine di serietà, alquanto danneggiata negli anni trascorsi da politiche accademiche che possiamo per educazione definire ‘discutibili’. Non direi che questo genere di proteste sia di grande aiuto.

sabato 11 gennaio 2014

A proposito di "sommersi" e di "salvati"


Ho letto con molto interesse I sommersi e i salvati di Matteo Bortolini, e credo che abbia centrato il punto. Chi scrive è uno dei tanti “sommersi” – ma uso questo termine con un po’ di pudore, ché ben altro e più atroce destino ha atteso i sommersi di cui ha parlato Primo Levi. Ma in queste poche righe non ci sarà spazio per recriminazioni personali o attacchi ai Commissari – il “tiro al Commissario” sta diventando lo sport più frequentato (e più insopportabile) della nostra comunità. Si tratta, ha ragione Matteo, di sottrarsi al clima da ordalia che ha accompagnato prima e seguito poi i lavori delle Commissioni. E si tratta di ribadire con forza – adesso, quando sembra difficile e finanche impossibile farlo senza dare l’impressione di mettere con forza le mani in ferite aperte -  che non si torni indietro lungo la strada impervia e accidentata dei processi di valutazione dell’università e del nostro lavoro (abilitazione e vqr su tutti. E nonostante abbia buoni motivi di frustrazione personale per gli esiti del primo processo e altrettanti buoni motivi di soddisfazione personale per gli esiti del secondo processo, non sono così sciocco da confondere il funzionamento di un meccanismo di valutazione con la filosofia che l’ha ispirato).  
Pur con tutte le distorsioni e le parziali incongruenze, non c’è ad essi un’alternativa credibile e non arbitraria. Intendiamoci: non è che la pratica della valutazione per come fino ad ora è stata interpretata sia scevra da zone d’ombra, ma questo non è un buon motivo per abbandonarla. 

venerdì 10 gennaio 2014

I SOMMERSI E I SALVATI


Non ho partecipato al round di abilitazioni 2012 per molte ragioni, alcune personali, alcune di sistema. Tra queste ultime, la convinzione che il meccanismo fosse troppo rozzo, impreciso e flessibile (regole abbozzate, tempi ristretti, responsabilità poco chiare, risorse troppo scarse) per assicurare una serena valutazione dei candidati. Era evidente che una procedura di abilitazione nazionale messa in piedi frettolosamente, senza basi e senza considerazione dello stato della disciplina (dai meccanismi di pubblicazione fino alle componenti, all inclusive) non potesse che generare incomprensioni, sconforto e, infine, conflitto improduttivo. Visto il clima dell'ultimo mese, la mia previsione si è ahimè mostrata fin troppo ottimistica: strage di candidati, proteste, minacce di ricorsi collettivi, sfiducia, lettere e controlettere, repliche e controrepliche, urla nei corridoi, amicizie infrante. Di più: lo scontro epocale tra sommersi e salvati.

Fino a qualche giorno fa pensavo di comprendere umanamente chi è stato bocciato—capivo l'opacità dei passaggi, la delusione, il senso di rifiuto e tutto il resto. Poi però mi sono chiesto il perché di reazioni tanto cariche di pathos. Diciamocelo chiaramente: più che a una procedura burocratica siamo di fronte a uno psicodramma collettivo. Lo si era già visto nel clima da ultimi giorni di Pompei della scorsa estate: corsa alla pubblicazione dell'ultimo minuto, notti insonni a computare mediane e a ricamare cv, lamentazione continua a proposito di ogni regola, decisione, codicillo della procedura, attesa spasmodica per i dettagli delle nomine e conseguente esplorazione minuziosa dei cv dei commissari per immaginare appartenenze, anticipare mosse, prevedere illeciti. 

martedì 7 gennaio 2014

Ancora sulle "riflessioni amare"

Cari Amici,


avendo seguito fin dall'inizio parte del dibattito informale alimentato dai risultati delle abilitazioni del settore, ritengo utile dare un mio modesto contributo, per evitare che si parta subito con il piede sbagliato. L'applicazione delle regole riguardanti la prima tornata delle abilitazioni nazionali solleva una serie di problemi, che devono essere accuratamente analizzati. Temo tuttavia che il documento sulle "Riflessioni amare" impedisca di affrontare le questioni in modo corretto, perché basato su una serie di considerazioni assolutamente prive di evidenza empirica, mescolandole con altre oggettivamente rilevanti. 

Lascio quindi da parte le denunce di una "omologazione ....alle scienze hard", "imposizione ... di un modello scientista, acriticamente anglosassone", "scelte ispirate ..... ad una one best way", perchè basta scorrere anche solo sommariamente la documentazione degli abilitati per capire che le cose non stanno affatto così. Mi soffermo su 4 delle 5 questioni poste in apertura, che a mio avviso sono invece rilevanti:

1. bassissima % di abilitati. A mio avviso la commissione avrebbe dovuto tenere (informalmente) in qualche conto le conseguenze che le mancate abilitazioni potrebbero avere sul funzionamento dei corsi di laurea. Mancano ancora a riguardo informazioni sufficienti, ma sappiamo che l'introduzione dei parametri minimi di docenza, poi ritirati dal ministro, potrebbero ricomparire e costringere a ridimensionare corsi di laurea rilevanti per la sociologia, in una situazione accademica in cui altre discipline potrebbero approfittare dell'indebolimento della nostra.

lunedì 6 gennaio 2014

AVANTI, CON GIUDIZIO. Considerazioni (agrodolci) su riflessioni (amare).


Il documento steso e firmato da Bianco, Giovannini, Marradi, Rositi, Sciolla, Sgritta merita attenzione per almeno due ragioni: 1) per il “peso” dei firmatari nella storia recente della sociologia italiana; 2) per la problematicità degli argomenti avanzati. In generale, ci pare si tratti di una reazione “a caldo” alla pubblicazione dei risultati dell’ASN nel settore (giustamente considerato "portante") di “Sociologia generale, politica e giuridica” che per quanto umanamente comprensibile non fa giustizia né ai lavori della commissione suddetta, né alla sociologia come (weberiana) “scienza di realtà”.

La nostra reazione alla reazione è svolta in forma di commenti ai punti salienti del documento, che citeremo di volta in volta. Una nota a margine, prima di iniziare: entrambi figuriamo nella lista degli abilitati, nei risultati delle due commissioni sino ad oggi pubblicati. Se questa “compromissione” ci indurrebbe a tacere, a far finta di niente, ad aspettare che altri parlino, il nostro impegno in questo blog e in altre sedi di confronto, e non ultimo il nostro carattere, ci hanno persuasi invece ad intervenire, assumendoci le responsabilità di ciò che scriviamo. Inclusa quella, spiacevole, di manifestare in modo così netto il nostro dissenso rispetto ai giudizi, alle diagnosi, alle prognosi, di colleghe e colleghi che stimiamo e con cui ci siamo spesso trovati d’accordo.

Il documento inizia con l'elencazione dei principali risultati ("notissimi") dei lavori della commissione, e da qui iniziamo anche noi.

1. Fortissime (e inspiegabili) differenze di valutazione tra Sociologia generale (19,6 di abilitati nella prima fascia, 16,7% nella seconda) e quelle effettuate – a tutt’oggi – dalle altre Commissioni (media generale prima fascia: 43,9; mediana: 41,6; seconda fascia: 43,8; mediana: 41,5);

COMMENTO: La comparazione andrebbe fatta con le percentuali di abilitati, innanzitutto, delle altre commissioni sociologiche. In secondo luogo, con le altre scienze sociali. Le scienze hard – e gli studi umanistici - hanno diversi criteri e tradizioni e storie. In terzo luogo, come diremo, va considerata anche la “qualità” della popolazione (dell’N) di riferimento. Al momento disponiamo solo di un caso direttamente comparabile al caso “incriminato”, quello di Sociologia dei processi economici, del lavoro, ambiente e territorio. Il confronto è da fare innanzitutto con questo caso. La percentuale di abilitati di prima fascia è qui pari al 30,4%. Una differenza dunque molto più contenuta rispetto al 43,9% calcolato su tutte le commissioni (scienze dure incluse) i cui esiti ci sono noti. È giustificabile questa differenza? È chiaro che per i firmatari della lettera la risposta sia no. Ma perché aspettarsi percentuali simili se le popolazioni di partenza sono diverse? Non è più logico attendersi esiti diversi? Di quale eterogeneità non osservata stiamo parlando? L’elaborazione disaggregata per SSD relativa alla VQR (Fig. 1) fornisce una prima indicazione, davvero eloquente: nella VQR i tre SSD che rientrano nella medesima classe di concorso (sociologia generale, giuridica e politica) ottengono sistematicamente valutazioni inferiori alla media.

venerdì 3 gennaio 2014

DOVE VA LA SOCIOLOGIA? (Riflessioni amare sui risultati dell’ASN)

La recente pubblicazione dei primi esiti dell'Abilitazione scientifica nazionale (al momento sono pubblici i risultati delle commissioni di Sociologia generale, giuridica e politica e di Sociologia dei processi economici, del lavoro, dell'ambiente, mancando ancora quelli della commissione di Sociologia dei processi culturali) non poteva non suscitare dibattito, anche acceso, dentro la comunità sociologica.  Molte reazioni si sono limitate sinora agli scambi interpersonali e ai confronti interni tra i membri di singoli dipartimenti. Sono circolate lettere di critica (anche "denuncia") in mailing list dedicate, e non sono mancati naturalmente post inviati al forum espressamente creato per la discussione degli esiti dell'ASN dal sito, ora rivista, ROARS. Quella che riceviamo e che qui di seguito pubblichiamo, è a quanto ci risulta la prima presa di posizione pubblica, il primo documento, scritto in reazione alla pubblicazione dei risultati, da parte di sociologi. Firmato da alcuni colleghi (tutti ordinari o ex ordinari ora in pensione) il documento è, come si può intuire sin dal titolo, fortemente critico rispetto agli esiti dell'ASN e in particolare ai lavori della commissione di Sociologia generale. Volentieri lo pubblichiamo, invitando come sempre alla discussione e al confronto, che siamo certi non mancherà.



Questo documento nasce in reazione ai risultati resi pubblici in questi giorni dei lavori della Commissione di Sociologia generale, giuridica e politica, relativi all’ASN (Abilitazione Scientifica Nazionale). Anche se largamente noti alla comunità scientifica, ne richiamiamo gli aspetti principali:

1. Fortissime (e inspiegabili) differenze di valutazione tra Sociologia generale (19,6 di abilitati nella prima fascia, 16,7% nella seconda) e quelle effettuate – a tutt’oggi – dalle altre Commissioni (media generale prima fascia: 43,9; mediana: 41,6; seconda fascia: 43,8; mediana: 41,5);

2. Per circa un terzo, gli abilitati di prima fascia provengono da altri settori concorsuali; dei 29 abilitati, 25 sono concentrati nelle regioni del Nord: Centro e Sud insieme contano in tutto 4 abilitati; per quasi un terzo, gli abilitati appartengono a sedi della stessa città (Milano);

3. Per la seconda fascia, dove non sono ovviamente indicati né la sede né il settore, si possono solo segnalare le tendenze in atto: circa 60 su 71 abilitati (le domande presentate sono 424) provengono da università del Nord; di questi circa 15 (un quarto) da Milano, una decina da Trento. Guardando ai campi di interesse (in mancanza dei SSD), i candidati con poche eccezioni presentano lavori in buona misura congruenti con le specifiche del settore abilitante;

4. I candidati sono stati valutati quasi esclusivamente sul piano scientifico. È mancata pressoché totalmente la valutazione delle attività didattiche svolte e – come sarebbe stato logico almeno per i candidati alla prima fascia – la capacità e l’esperienza di lavoro istituzionale e gestionale;

5. Giudizi stereotipi e frettolosi, incongruenze, arbitri valutativi e veri e propri errori materiali sono largamente presenti nella formulazione dei giudizi.