domenica 27 maggio 2012

VQR 2004-10: perché ho accettato il ruolo di "revisore"

Ho letto con grande interesse l’ultimo post pubblicato da Marco Santoro, poiché esprime con efficacia dubbi che anche io ho avuto di fronte alla richiesta rivoltami dal Presidente del Gev 14 di far parte del gruppo di revisori che valuteranno i prodotti della ricerca nell’ambito del VQR 2004-2010. Ho sciolto quei dubbi in maniera opposta a quanto ha fatto Marco, e vorrei (brevemente) spiegarne i motivi.


Ritengo più che condivisibili le osservazioni critiche sulla (poco equilibrata) composizione del Gev 14. Come è stato spiegato, riflettono una logica di appartenenza - di componente – che davvero non ha più ragione di esistere e nei confronti della quale dobbiamo dire semplicemente basta, basta, basta! Per non riprodurre questa logica, però, non è sufficiente “denunciarla”. Dobbiamo iniziare a muoverci a prescindere dalle componenti. Naturalmente senza ingenuità, ma non facendoci bloccare da esse, anche attuando gesti di “apertura unilaterale”, che mostrino nei fatti un diverso modo di ragionare e soprattutto di operare.


Vengo perciò al VQR. Ci credo. Ci spero. Penso sia un segnale significativo di una “correzione di rotta” che la comunità accademica italiana sta – faticosamente - avviando. Si tratta di un processo imperfetto, in fase di sperimentazione, in cui sicuramente verranno commessi errori. Ma lo considero un processo importante, di “apprendimento collettivo”, in cui possiamo/dobbiamo gettare le fondamenta di una cultura della valutazione basata sul merito e sulla fairness. In breve, di un ethos scientifico e professionale diverso dal passato.

Per questo non accetto che l’inerzia, la chiusura cognitiva e gli errori commessi da altri blocchino sul nascere questo tentativo.
Per questo ho sentito come un “dovere professionale” rispondere positivamente alla richiesta che mi è stata rivolta; lo considero un piccolo contributo personale alla produzione di un “bene collettivo” di cui la nostra comunità accademica ha straordinariamente bisogno.

Così facendo non credo di legittimare vecchie logiche di componente. Ritengo sia vero il contrario. Aderire dichiarando che nella valutazione seguirò – per quanto sono in grado di fare – criteri esclusivamente legati al merito e alla qualità dei “prodotti della ricerca” è il modo che ritengo migliore per “scalzare” concretamente queste logiche paralizzanti. Sono sicuro che molti di coloro che hanno aderito, lo hanno fatto con lo stesso “spirito”. O almeno me lo auguro.

Una cosa che però ritengo essenziale è associarmi all’appello lanciato da Santoro: i nominativi dei revisori andranno resi pubblici al termine della valutazione. Questo non implica assolutamente violare l’anonimato del processo di revisione. Le migliori riviste che applicano procedure anonime di referaggio pubblicano – a scadenze regolari – i nominativi di coloro che vi partecipano in veste di revisori (ovviamente non indicando gli articoli su cui hanno espresso il loro parere). Mi auguro che il Gev 14 segua questa prassi e che il suo presidente dichiari sin d’ora l’intenzione di farlo.

Per questa ragione, mi sento di non poter accogliere l’invito che è stato rivolto a “non comunicare all’esterno” il proprio impegno nella VQR. Di questo mi scuso, ma ritengo che questa comunicazione non violi in alcun modo lo spirito di “imparzialità e rigore” richiesto per la valutazione.

Francesco Ramella



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