Pubblichiamo la comunicazione letta il 28 a Bologna da Emanuela Abbatecola a nome di un gruppo di colleghe e colleghi, che introduce una questione su cui "Per la sociologia" ha intenzione di impegnarsi nel prossimo futuro e per cui invita sin da ora ad avanzare proposte e riflessioni: la revisione delle aree tematiche riconosciute e l'intervento sulla ridefinizione delle articolazioni infra- e trans-disciplinari della sociologia.
L’incontro “Per la sociologia” nasce dal
riconoscimento della crisi attraversata dalla nostra disciplina, la cui gravità
è emersa con forza anche per effetto dei profondi mutamenti generati
dall’ultima riforma universitaria. La drastica riduzione delle risorse
disponibili e il sospetto con cui si guarda all’università, ai suoi compiti e
alle pratiche della comunità accademica, non hanno infatti lasciato indenne neppure
la comunità sociologica italiana, che d’altro canto, maturava al suo interno
conflittualità più o meno inespresse o inespremibili, oltre che nuove istanze
innovatrici.
Riflettere sulla crisi significa, tuttavia, anche
saper cogliere l’opportunità di cambiamento e in occasione di questo prezioso
dibattito sulla rinascita della sociologia accademica italiana, vorremmo
sollevare l’attenzione sull’urgenza di un processo non più rimandabile: il
riconoscimento degli studi di genere, il cui grave ritardo pone la comunità
scientifica italiana in una posizione periferica nel confronto internazionale.
Considerando la sola storia più recente, gli studi
di genere hanno sviluppato e arricchito i temi di ricerca delle scienze
sociali, e in particolare della sociologia, individuando nuovi ambiti di
riflessione e innovando i temi classici.
In modo sempre più consapevole, le studiose (molte) e gli studiosi
(pochi) gender sensitive, hanno
sviluppato presupposti teorici nuovi in ambito sociologico, costituendo una
comunità diffusa – non sempre sufficientemente in rete - che ha fatto della
multidisciplinarietà uno dei presupposti fondanti la riflessione teorica e la
ricerca sul campo.
Percorrendo trasversalmente i temi della sociologia
e introducendone di nuovi, gli studi di genere hanno rappresentato una
componente innovativa della disciplina, fornendo prospettive di ricerca
inattese e fruttuose. Si pensi, ad esempio, al contributo offerto a temi quali:
disuguaglianze, mobilità sociale, socializzazione, famiglia, educazione,
lavoro, economia e molti altri ancora.
Attraverso un dialogo costante con le altre
discipline – tra le quali l’antropologia, la filosofia, la storia e la
demografia - e costituendosi come una
comunità aperta e disponibile alla condivisione di temi e pratiche di ricerca,
gli studi di genere hanno favorito la sensibilizzazione anche rispetto alla
dimensione politica, facilitando la costituzione di un circolo virtuoso
tra individui, comunità accademica e
scientifica, istituzioni politiche e società civile.
In Europa e negli Stati Uniti, nel corso degli
ultimi quarant’anni si sono accresciuti i dipartimenti, i corsi di laurea e di
dottorato dedicati ai women studies,così
come ai men, gay and lesbian and queer
studies; molti atenei hanno favorito la costituzione di centri di ricerca e
la gran parte ha sostenuto l’impegno a costruire percorsi formativi gender sensitive.
In questo contesto, l’accademia italiana ha dato il
suo contributo con l’impegno di studios* che hanno svolto questi compiti, in
primo luogo formando se stess* e poi trasmettendo queste conoscenze alle nuove
generazioni. Il percorso di quest* studios* è stato però più arduo rispetto
alle e ai collegh* stranier* perché svolto in solitudine e spesso con la
resistenza di una comunità scettica e disattenta agli importanti risultati
conseguiti.
Benchè nel corso degli anni, la comunità scientifica
e accademica abbia accordato un certo riconoscimento agli studi di genere,
nella comparazione internazionale i ritardi appaiono ancora notevoli.
In primo luogo, gli studi di genere sono stati
lasciati all’iniziativa di singol* docenti. Mancano infatti luoghi
istituzionali (istituti/dipartimenti) e percorsi formativi (corsi di laurea e
dottorato) capaci di fornire una formazione strutturata sia sul piano teorico
che su quello metodologico - se non laddove vi siano volontà individuali - e i
rapporti istituzionalizzati con università e centri di ricerca che si occupano
di studi di genere appaiono del tutto insufficienti.
Lo sforzo di molte colleghe ha fatto nascere nel
corso degli anni alcuni centri di studi di genere particolarmente attivi, il
cui lavoro sta favorendo una progressiva sensibilizazione tra student* e collegh*. Molto dunque si sta facendo, anche
se siamo molto distanti da un consolidato processo di riconoscimento.
In questa occasione di ripensamento della
disciplina, chiediamo dunque che la comunità scientifica cominci a confrontarsi
su questa notevole lacuna dell’accademia italiana, ascoltando, discutendo e
proponendo cambiamenti di rilievo.
Più nello specifico chiediamo, in questa sede, un
confronto con le colleghe e i colleghi dei diversi settori disciplinari su
alcuni obiettivi di lungo periodo che noi consideriamo non più procrastinabili:
Ø
La costituzione di una sezione AIS su Genere e Culture
di Genere – pensata come luogo di rete e di costruzione del pensiero, con un
forte orientamento trasversale (mainstreaming);
Ø
Il progressivo inserimento in ogni CdL (triennale o
magistrale) di almeno un corso su Genere e Identità di genere;
Ø
La promozione di un orientamento gender-sensitive nei
progetti di dottorato come requisito indispensabile;
Ø
La valorizzazione dell’orientamento gender-sensitive nei criteri espliciti di selezione nelle carriere.
La rivitalizzazione della sociologia italiana può e
deve passare anche attraverso i contenuti della disciplina. Il riconoscimento
degli studi di genere rappresenta, in questo senso, uno dei molteplici canali
di uscita dalla crisi, in quanto processo teso a colmare distanze
anacronistiche e penalizzanti tra la comunità sociologica italiana e quelle
nord-europea e nord americana.
Comitato
promotore:
Emanuela Abbatecola (Università di Genova)
Sonia Bertolini (Università di Torino)
Emanuela Bonini (Università di Genova)
Ester Cois (Università di Cagliari)
Sabrina Perra (Università di Cagliari)
Barbara Poggio (Università di Trento)
Letizia Pruna (Università di Cagliari)
Elisabetta Ruspini (Università Milano Bicocca)
Prim* firmatar*
Enrica
Amaturo (Univ. Napoli)
Bianca
Beccalli (Univ. Milano Statale)
Carmen
Belloni (direttora Cirsde)
Maria
Luisa Bianco (Univ. Piemonte Orientale)
Franca
Bimbi (Univ. Padova)
Michela
Cozza (Univ. Trento)
Carla
Facchini (Univ. Milano Bicocca)
Anna
Carola Freschi (Univ. Bergamo)
Silvia
Gherardi (Univ. Trento)
Rossella
Ghigi (Univ. Bologna)
Beatrice
Gusmano (Univ. Trento)
Luca
Guzzetti (Univ. Genova)
Carmen
Leccardi (Univ. Milano Bicocca)
Luciano
Adriana (Univ. Torino)
Mauro
Migliavacca (Univ. Genova)
Manuela
Naldini (Univ. Torino)
Rita
Palidda (Univ. Catania)
Simonetta
Piccone Stella (Univ. Roma1)
Cirus
Rinaldi (Università Palermo)
Francesca
Sartori (Univ. Trento)
Caterina
Satta (Univ. Padova)
Lorenzo
Tedesco (Univ. Torino)
Paola
Torrioni (Univ. Torino)
Giovanna
Vingelli (Univ. Calabria)
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