lunedì 14 novembre 2011

Uscire dalla crisi. Per un riconoscimento degli studi di genere in Italia


Pubblichiamo la comunicazione letta il 28 a Bologna da Emanuela Abbatecola a nome di un gruppo di colleghe e colleghi, che introduce una questione su cui "Per la sociologia" ha intenzione di impegnarsi nel prossimo futuro e per cui invita sin da ora ad avanzare proposte e riflessioni: la revisione delle aree tematiche riconosciute e l'intervento sulla ridefinizione delle articolazioni infra- e trans-disciplinari della sociologia. 

 L’incontro “Per la sociologia” nasce dal riconoscimento della crisi attraversata dalla nostra disciplina, la cui gravità è emersa con forza anche per effetto dei profondi mutamenti generati dall’ultima riforma universitaria. La drastica riduzione delle risorse disponibili e il sospetto con cui si guarda all’università, ai suoi compiti e alle pratiche della comunità accademica, non hanno infatti lasciato indenne neppure la comunità sociologica italiana, che d’altro canto, maturava al suo interno conflittualità più o meno inespresse o inespremibili, oltre che nuove istanze innovatrici.

Riflettere sulla crisi significa, tuttavia, anche saper cogliere l’opportunità di cambiamento e in occasione di questo prezioso dibattito sulla rinascita della sociologia accademica italiana, vorremmo sollevare l’attenzione sull’urgenza di un processo non più rimandabile: il riconoscimento degli studi di genere, il cui grave ritardo pone la comunità scientifica italiana in una posizione periferica nel confronto internazionale.
Considerando la sola storia più recente, gli studi di genere hanno sviluppato e arricchito i temi di ricerca delle scienze sociali, e in particolare della sociologia, individuando nuovi ambiti di riflessione e innovando i temi classici.  In modo sempre più consapevole, le studiose (molte) e gli studiosi (pochi) gender sensitive, hanno sviluppato presupposti teorici nuovi in ambito sociologico, costituendo una comunità diffusa – non sempre sufficientemente in rete - che ha fatto della multidisciplinarietà uno dei presupposti fondanti la riflessione teorica e la ricerca sul campo.
Percorrendo trasversalmente i temi della sociologia e introducendone di nuovi, gli studi di genere hanno rappresentato una componente innovativa della disciplina, fornendo prospettive di ricerca inattese e fruttuose. Si pensi, ad esempio, al contributo offerto a temi quali: disuguaglianze, mobilità sociale, socializzazione, famiglia, educazione, lavoro, economia e molti altri ancora.  
Attraverso un dialogo costante con le altre discipline – tra le quali l’antropologia, la filosofia, la storia e la demografia -  e costituendosi come una comunità aperta e disponibile alla condivisione di temi e pratiche di ricerca, gli studi di genere hanno favorito la sensibilizzazione anche rispetto alla dimensione politica, facilitando la costituzione di un circolo virtuoso tra  individui, comunità accademica e scientifica, istituzioni politiche e società civile.
In Europa e negli Stati Uniti, nel corso degli ultimi quarant’anni si sono accresciuti i dipartimenti, i corsi di laurea e di dottorato dedicati ai women studies,così come ai men, gay and lesbian and queer studies; molti atenei hanno favorito la costituzione di centri di ricerca e la gran parte ha sostenuto l’impegno a costruire percorsi formativi gender sensitive.
In questo contesto, l’accademia italiana ha dato il suo contributo con l’impegno di studios* che hanno svolto questi compiti, in primo luogo formando se stess* e poi trasmettendo queste conoscenze alle nuove generazioni. Il percorso di quest* studios* è stato però più arduo rispetto alle e ai collegh* stranier* perché svolto in solitudine e spesso con la resistenza di una comunità scettica e disattenta agli importanti risultati conseguiti.
Benchè nel corso degli anni, la comunità scientifica e accademica abbia accordato un certo riconoscimento agli studi di genere, nella comparazione internazionale i ritardi appaiono ancora notevoli.
In primo luogo, gli studi di genere sono stati lasciati all’iniziativa di singol* docenti. Mancano infatti luoghi istituzionali (istituti/dipartimenti) e percorsi formativi (corsi di laurea e dottorato) capaci di fornire una formazione strutturata sia sul piano teorico che su quello metodologico - se non laddove vi siano volontà individuali - e i rapporti istituzionalizzati con università e centri di ricerca che si occupano di studi di genere appaiono del tutto insufficienti.
Lo sforzo di molte colleghe ha fatto nascere nel corso degli anni alcuni centri di studi di genere particolarmente attivi, il cui lavoro sta favorendo una progressiva sensibilizazione tra student* e  collegh*. Molto dunque si sta facendo, anche se siamo molto distanti da un consolidato processo di riconoscimento.

In questa occasione di ripensamento della disciplina, chiediamo dunque che la comunità scientifica cominci a confrontarsi su questa notevole lacuna dell’accademia italiana, ascoltando, discutendo e proponendo cambiamenti di rilievo.

Più nello specifico chiediamo, in questa sede, un confronto con le colleghe e i colleghi dei diversi settori disciplinari su alcuni obiettivi di lungo periodo che noi consideriamo non più procrastinabili:

Ø La costituzione di una sezione AIS su Genere e Culture di Genere – pensata come luogo di rete e di costruzione del pensiero, con un forte orientamento trasversale (mainstreaming);

Ø Il progressivo inserimento in ogni CdL (triennale o magistrale) di almeno un corso su Genere e Identità di genere;

Ø La promozione di un orientamento gender-sensitive nei progetti di dottorato come requisito indispensabile;

Ø La valorizzazione dell’orientamento gender-sensitive nei criteri espliciti di selezione nelle carriere.

La rivitalizzazione della sociologia italiana può e deve passare anche attraverso i contenuti della disciplina. Il riconoscimento degli studi di genere rappresenta, in questo senso, uno dei molteplici canali di uscita dalla crisi, in quanto processo teso a colmare distanze anacronistiche e penalizzanti tra la comunità sociologica italiana e quelle nord-europea e nord americana.


Comitato promotore:
Emanuela Abbatecola (Università di Genova)
Sonia Bertolini (Università di Torino)
Emanuela Bonini (Università di Genova)
Ester Cois (Università di Cagliari)
Sabrina Perra (Università di Cagliari)
Barbara Poggio (Università di Trento)
Letizia Pruna (Università di Cagliari)
Elisabetta Ruspini (Università Milano Bicocca)

Prim* firmatar*
Enrica Amaturo (Univ. Napoli)
Bianca Beccalli (Univ. Milano Statale)
Carmen Belloni (direttora Cirsde)
Maria Luisa Bianco (Univ. Piemonte Orientale)
Franca Bimbi (Univ. Padova)
Michela Cozza (Univ. Trento)
Carla Facchini (Univ. Milano Bicocca)
Anna Carola Freschi (Univ. Bergamo)
Silvia Gherardi (Univ. Trento)
Rossella Ghigi (Univ. Bologna)
Beatrice Gusmano (Univ. Trento)
Luca Guzzetti (Univ. Genova)
Carmen Leccardi (Univ. Milano Bicocca)
Luciano Adriana (Univ. Torino)
Mauro Migliavacca (Univ. Genova)
Manuela Naldini (Univ. Torino)
Rita Palidda (Univ. Catania)
Simonetta Piccone Stella (Univ. Roma1)
Cirus Rinaldi (Università Palermo)
Francesca Sartori (Univ. Trento)
Caterina Satta (Univ. Padova)
Lorenzo Tedesco (Univ. Torino)
Paola Torrioni (Univ. Torino)
Giovanna Vingelli (Univ. Calabria)

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